Il Magazine della BCC Venezia Giulia

 

Il magazine della BCC Venezia Giulia

Intervista a Giuseppe Bono, AD di Fincantieri

23 Dicembre 2020
di Giovanni Marzini

Intervista a Giuseppe Bono, AD di Fincantieri

Le crisi possono anche essere cavalcate e Fincantieri ha ampliato in questi mesi le sue competenze, mettendo la sicurezza dei lavoratori al centro.

Le crisi possono anche essere cavalcate e Fincantieri ha ampliato in questi mesi le sue competenze, mettendo la sicurezza dei lavoratori al centro. Ideale intervista Giuseppe Bono, amministratore delegato del gigante della cantieristica.

La forza di un grande gruppo si vede quando è chiamato a fronteggiare un momento di crisi tanto più grande perché inaspettato?
Quando la crisi arriva conta ciò che si è fatto fino a quel momento per prevederla, perché allo scoppio dell’emergenza se ne possono solo contenere le conseguenze. Noi siamo riusciti a strutturare l’azienda in modo da renderla sufficientemente solida, ma tutti dobbiamo essere consapevoli che la pandemia lascerà dietro di sé uno scenario economico e industriale fortemente mutato e che questo è il momento di prendere decisioni strategiche per il futuro.

“La pandemia lascerà dietro di sé uno scenario economico e industriale fortemente mutato”

Le crisi possono dunque veramente essere cavalcate…?
Rappresentano anche un’opportunità, ne sono convinto. È necessario essere previdenti, così sarà possibile superare i momenti di maggiore difficoltà e accorgersi di essere diventati più forti rispetto a prima. Bisogna però compiere scelte adeguate e tempestive: si pensi al sistema portuale italiano, un settore fondamentale sul quale oggi sarebbe opportuno impostare una politica di razionalizzazione e di crescita. I porti italiani devono essere messi nella condizione di diventare hub all’avanguardia per favorire lo sviluppo del tessuto industriale, strutture in grado di creare valore aggiunto sul territorio anziché rimanere solo dei centri di smistamento delle merci che poi vengono lavorate all’estero.

È corretto dire che, negli ultimi anni, siete stati capaci di “diversificare” la vostra produzione?
Non parlerei di diversificazione, ma di ampliamento delle nostre competenze, una strategia che ci ha permesso di anticipare l’attuale congiuntura. Con questo intendiamo la possibilità di impiegare il nostro patrimonio di know-how in un nuovo ambito. La nave, in fondo, è una piattaforma che raccoglie centinaia di competenze che possono essere sfruttate anche altrove. Il caso più recente che posso citare è l’accordo per l’innovativo sistema per il monitoraggio della rete autostradale basato sull’intelligenza artificiale, che vedrà coinvolta la nostra controllata Fincantieri NexTech nel promettente settore delle infrastrutture. Sempre in questo comparto, un altro risultato molto recente è l’operazione per acquisire INSO, un’eccellenza nel campo delle strutture sanitarie.

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“L’eccezionale carico di lavoro accumulato negli anni scorsi è ciò che ci permette di mantenere un orizzonte occupazionale che arriva al 2028.”

Ma, costruire navi resta centrale nel vostro futuro…
Certamente costruire navi è nel DNA della nostra azienda. L’eccezionale carico di lavoro accumulato negli anni scorsi grazie al boom delle crociere è ciò che ci permette di mantenere un orizzonte occupazionale che arriva al 2028, un caso raro nello scenario industriale internazionale. Ora, come sappiamo, il comparto turistico è in sofferenza, ma in passato si è già dimostrato resiliente e non ho dubbi che sarà così anche questa volta.

Crede anche lei in una graduale ripresa del settore crocieristico non prima della seconda metà del 2021?
Gli osservatori sono concordi nell’indicare quella data per la ripartenza, e i dati sulle prenotazioni sembrano incoraggianti, perché di fatto si attestano a livelli pre Covid, ma nella situazione in cui ci troviamo oggi è un azzardo fare previsioni a medio-lungo termine. Di certo i fattori su cui il comparto deve puntare riguardano la coesione di una pluralità di attori, vale a dire costruttori, armatori e istituzioni, affinché si delinei un percorso comune. La nostra strategia negli ultimi mesi si è dimostrata corretta, e se siamo riusciti a non perdere nemmeno una sola commessa lo dobbiamo anche alla sinergia con i nostri clienti. Poter contare su una forte reputazione è stato fondamentale per raggiungere un simile risultato, di cui beneficiano decine di migliaia di lavoratori nostri e dell’indotto.

Nel frattempo continuate a lavorare con rigidi protocolli di sicurezza, che sembrano vincenti ed adeguati…
E anche meritevoli di apprezzamento, che ritengo un obiettivo da perseguire al pari di quello della loro efficacia. Un sondaggio interno ci ha rivelato un gradimento del 91% sulle misure messe in campo nella prima e più virulenta fase della pandemia. Anche per questo, ritengo, oggi siamo in grado di tenere aperti tutti i nostri stabilimenti nel mondo, e ospitare quotidianamente solo in Italia oltre 20.000 persone, con un tasso di positività inferiore al 3%, riconducibile per altro a contagi avvenuti al di fuori dei posti di lavoro. Ma non ci fermiamo, e puntiamo a integrare ulteriormente le misure di prevenzione, come dimostrano i nuovi protocolli già firmati per molti dei nostri siti produttivi insieme alle aziende sanitarie locali.

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Quanto a sicurezza e contromisure, dove invece abbiamo sbagliato noi? In Italia ed in Europa?
Purtroppo è piuttosto evidente che noi e tutta l’Europa, ma non solo, non abbiamo fatto abbastanza per prevenire una recrudescenza del fenomeno pandemico così forte come quella a cui stiamo assistendo, che comunque, per definizione, è contingente e quindi destinato a passare. Ora però è necessario mettere in campo le contromisure adeguate per contrastarlo.

Cosa la preoccupa di più in questo momento, come manager di un’azienda di caratura planetaria quale Fincantieri?
A preoccuparmi credo che sia la stessa cosa che preoccupa tutti gli imprenditori, e cioè la distanza tra i grandi propositi e gli interventi concreti. In questa fase è imprescindibile sostenere le aziende che hanno mercato, senza dimenticare le altre, che vanno aiutate a trovare un nuovo sbocco per le loro attività. Come abbiamo detto, la crisi trasforma il panorama industriale, e l’impegno di tutti dovrebbe essere diretto a fare in modo che le diverse filiere del Paese possano adattarsi al cambiamento.

Biden alla Casa Bianca. Un bene?
Come ho già risposto a chi me lo chiedeva ancor prima del risultato delle elezioni, non ho mai avuto una posizione fideistica su un candidato piuttosto che su un altro. Il nuovo Presidente non si è ancora insediato, diamogli il tempo di lavorare. Ormai Fincantieri è presente oltreoceano da circa dodici anni, e in base alla mia esperienza mi sento di affermare che la vera forza di quel Paese risiede soprattutto nella sua straordinaria struttura amministrativa e gestionale, questo è un plus a prescindere da chi siede alla Casa Bianca.

“Sono orgoglioso di guidare un’azienda nella quale la motivazione del personale e il senso di appartenenza sono davvero unici.”

Dal mondo al nostro territorio. Siete l’azienda faro anche per il Venezia Giulia e lei è presidente dei nostri industriali. Stiamo meglio o peggio rispetto ad altre realtà nazionali?
Un fenomeno della portata di quello in atto non giustifica distinzioni territoriali. Per questo ripeto che bisogna puntare sulla coesione per attivare progetti che portino l’Italia fuori dall’impasse superando anche le cronicità storiche che ne hanno limitato lo sviluppo. Andrebbe perciò rilanciato il manifatturiero, un comparto non sempre valorizzato come meriterebbe e che permea questa regione. L’industria è l’asse portante dell’economia di un Paese e bisogna fare in modo che possa riprendere vigore e ritornare a essere una forza trainante per gli altri settori.

Trieste, Monfalcone, la regione, dove opera anche l’indotto di Fincantieri: cosa può proporre in più una banca di territorio come BCC per fare sistema?
Il Nord Est è un’area su cui è già molto forte il rapporto tra sistema bancario e tessuto locale, con la maggior concentrazione d’Italia di banche del territorio. La possibilità di agevolare l’accesso al credito a piccole e medie imprese, anche della nostra filiera, attraverso strutture finanziare di reverse factoring è già oggi uno strumento diffuso, ma che ritengo possa rivelarsi sempre più valido per esaltare le caratteristiche delle BCC e offrire quindi loro un vantaggio competitivo rispetto alle altre tipologie di banche.

Qual è la cosa che ha fatto della quale è più orgoglioso?
Sarebbe difficile indicarne una in particolare. Solo per rimanere all’ultimo anno, per quanto unico nel suo genere, abbiamo raggiunto traguardi importanti. Mi riferisco alla consegna della centesima nave da crociera, l’aggiudicazione come prime contractor della gara per le nuove fregate della US Navy da 5,5 miliardi, e la realizzazione in tempi record del nuovo ponte di Genova. Però, ciò che mi rende maggiormente orgoglioso è guidare un’azienda nella quale la motivazione del personale e il senso di appartenenza sono davvero unici.

E ce n’è una che non rifarebbe…?
Il “senno di poi” è uno strumento utile al momento dei consuntivi, ma sconsigliabile quando c’è bisogno di rimboccarsi le maniche, perché può favorire l’incertezza nell’assumere decisioni. In cinquant’anni di attività, per scelta spesi sempre nel pubblico, qualcosa che avrei fatto in modo diverso c’è di sicuro, soprattutto qualcosa che avrei voluto fare e non ho potuto, ma non per mia volontà.