Fondazione Italiana Fegato: una ONLUS che pensa alla nostra salute
FIF, una Onlus nata a Trieste vicina ai 15 anni di vita
Fondata nel 2008 grazie ad un’idea illuminata del professor Claudio Tiribelli, la Fondazione Italiana Fegato (FIF) è un ente di ricerca riconosciuto dal MIUR e specializzato nello studio sulle malattie epatiche e patologie correlate. Nelle sue linee di ricerca la Fondazione spazia dalla steatosi ai meccanismi genetici coinvolti nel cancro del fegato, alle cellule staminali ed è attualmente mirata a trovare metodi non invasivi che consentano una diagnosi precoce della steatosi epatica e del cancro al fegato ed a testare nuovi approcci terapeutici per curarli. Nella sua attività scientifica, FIF collabora con diverse organizzazioni a livello internazionale, dal Messico all’Indonesia, dall’Argentina agli Stati Uniti. Negli anni FIF ha ospitato oltre 100 scienziati internazionali provenienti da più di 20 paesi. A Trieste la sede operativa per la ricerca di laboratorio è all’interno dell’AREA Science Park di Padriciano, mentre la parte clinica viene svolta in varie strutture sanitarie della regione e del territorio nazionale.
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Fondazione Italiana Fegato: una ONLUS che pensa alla nostra salute
Ideale ha incontrato il Presidente Ripandelli ed il prof. Tiribelli, direttore scientifico della Fondazione sostenuta dalla BCC.
“Certo che, ci vuole avere fegato per…” Quanto volte l’abbiamo detto o ce lo siamo sentiti dire? L’organo più voluminoso della cavità addominale è anche il più grosso laboratorio chimico del nostro corpo. Basti pensare che al fegato si attribuiscono almeno 200 funzioni, molte delle quali ritenute essenziali per la nostra vita. Ecco perché, assieme al cuore, è quello che nominiamo più spesso, anche quando non parliamo di scienza o medicina. Ecco perché a questo organo vitale, grazie ad un’idea giustamente definita “illuminata” del professore Claudio Tiribelli, un luminare nel campo dell’epatologia, dedica il proprio lavoro la Fondazione Italiana Fegato (FIF) sorta a Trieste nel 2008.
La nostra banca sostiene da tempo questa ONLUS e Ideale ha incontrato il suo Presidente Decio Ripandelli ed il prof.Tiribelli, direttore scientifico dell’organismo, perché quasi 15 anni di attività, ricerca, studi e collaborazioni tessuti con realtà scientifiche sparse in tutto il mondo vanno raccontati e fatti conoscere. Ennesima testimonianza di una splendida realtà che trova dimora in quella Trieste “città della scienza”, motivo di giustificato orgoglio per il nostro territorio.
Nella foto: a sinistra il prof. Tiribelli, a destra il Presidente Ripandelli
C’era l’esigenza di collegare clinica e ricerca.
Da dove nasce l’idea, forse la necessità di creare una Fondazione dedicata al fegato. Parte da qui il suo presidente…
“Dovevamo creare un collegamento tra la clinica e la ricerca –sottolinea Ripandelli– per poi ritrasmettere i risultati della ricerca al clinico per vedere poi realizzato quanto studiato e trovato. Si trattava di dare risposte al proliferare di malattie legate al fegato, dettate dall’esigenza di dare risposte alle varie patologie creando questo concetto che noi abbiamo chiamato di ricerca traslazionale.”
Ma per fare attività di ricerca, indispensabile è la formazione di personale che sia poi in grado di farlo al meglio. Da qui la necessità di contribuire a fare crescere queste competenze. A sottolinearlo è il professor Tiribelli.
“Il livello di istruzione delle nostre università si ferma spesso a livello teorico. Ecco perché la nostra Fondazione ha sempre dedicato tempo e risorse nel tentativo di creare del personale che a vari livelli possa poi creare quella massa critica in grado di lavorare proficuamente nel campo della ricerca”.
Il tutto collaborando anche con altre realtà simili alla vostra?
“Realtà simili alla nostra non ce ne sono, ma ci sono molti centri clinici che fanno ottima ricerca e con i quali c’è un rapporto di collaborazione e interazioni quotidiane. Penso all’Università di Pisa, all’ateneo di Messina, all’IRCS di San Giovanni Rotondo, oltre a rapporti con tutte le strutture epatologiche italiane”.
FIF combatte dicerie e falsi miti: “Chi l’ha detto che il fritto fa male al fegato?”
Quando parlate di attività a domicilio, cosa intendete?
“L’attività a domicilio ha due tipi di possibilità. La prima avviene attraverso forme di contatto tra pazienti che ci possono contattare (in forma volontaristica), tenendo presente che risulta peraltro sempre difficile dare informazioni se non si vede di persona il paziente. Aggiungo che purtroppo oggi sempre più la medicina appare troppo superficiale: i medici non visitano più i pazienti e non toccano i pazienti. Cosa sbagliatissima! La seconda possibilità è quella di dare dei semplici consigli, ad esempio togliendo quelle false ipotesi o leggende metropolitane che sostengono ad esempio come una dieta faccia male al fegato, piuttosto che il fritto faccia male al fegato, che l’uovo fa male al fegato… Non esiste a tale proposito nessuna evidenza scientifica”!
Vuole dire che attorno al fegato proliferano tanti, troppi luoghi comuni?
“Non c’è nessuna lista di cibi da evitare. Qui bisogna usare la testa. Dovrà essere il paziente a capire cosa gli fa bene e cosa gli può far male. Ci può essere un soggetto che non digerisce la pasta in bianco e che invece mangia senza problemi uno spaghetto aglio, olio e peperoncino. Voglio dire che ognuno di noi è fatto in maniera diversa e aggiungo che non esistono elementi dannosi al fegato. Poi, c’è invece il problema alcol. E anche per questo, usiamo la testa: bere mezzo litro di vino al giorno, non dà malattie al fegato. È chiaro che se raddoppio questa dose e soprattutto se bevo a stomaco vuoto, i problemi arrivano. Non parliamo poi di chi esagera solo nei week-end: come fanno gli anglosassoni ed i giovani in genere, che si ubriacano il sabato e la domenica e magari poi non toccano alcol gli altri giorni. Sbagliato e dannoso. Ecco, compito nostro è anche questo: cancellare messaggi sbagliati, che non sono poi supportati da realtà scientifiche”.
L’obesità giovanile è ormai una malattia sociale.
“Ed a proposito di giovani e giovanissimi –è il Presidente Ripandelli ad intervenire– FIF guarda con sempre maggiore attenzione al tipo di alimentazione che noi proponiamo a bambini e ragazzi. In tutto il mondo, ma nella nostra regione in particolare, sta diventando un problema serio l’aumento di obesità infantile, dovuta al tipo di alimentazione che seguono i giovani. Tra scuola e famiglia, l’abuso di merendine, dolcetti, bibite gasate, alla lunga possono creare problemi di obesità, precursore del cosiddetto fegato grasso, il quale a sua volta è precursore di malattie patologiche del fegato, ancor più gravi”.
Se poi aggiungiamo che per i più giovani telefoni, computer e play station hanno sostituito i giochi all’aperto e l’attività fisica…
“Non c’è dubbio: sono discorsi paralleli, che sommano la giusta alimentazione ad una sana attività fisica. Parliamo di stili di vita. Che vanno corretti da subito, per non doverne poi pagare le conseguenze in futuro. A tale proposito come FIF stiamo portando avanti un progetto sostenuto anche dalla Fondazione CRTrieste rivolto proprio ai più giovani ed una proficua collaborazione è in atto anche con il Burlo Garofalo”.
“Attenzione –rincara Tiribelli– perché il problema dell’obesità infantile rischia di diventare presto una vera e propria emergenza. C’è già uno studio che rileva come nei prossimi vent’anni il 90 per cento dei trapianti di fegato saranno causati proprio dall’obesità nei giovanissimi. Noi siamo un paese incapace di guardare avanti. Viviamo di emergenza, non di programmazione. Ci fermiamo al quotidiano, al massimo al giorno dopo. Dobbiamo invece ragionare come fanno i cinesi, che guardano avanti di dieci, vent’anni. Ed un ruolo importante, a fianco di istituzioni come la nostra dovrebbero averlo fondazioni e banche, cercando di fare un fundraising serio. Perché abbiamo bisogno di risposte serie da parte della scienza per combattere malattie sociali. Ed una obesità infantile che sfiora il 40 per cento è un’emergenza sociale. FIF sta investendo soldi e risorse in questo campo e la necessità di reperire i fondi necessari è continua”.
Avete citato le banche e BCC di Staranzano e Villesse ha sempre avuto e continuerà ad avere un occhio di riguardo per la ricerca scientifica e la sanità. Accogliendo il vostro appello, cosa ritenete si possa fare di ancor più utile e produttivo, rispetto a quanto fatto finora?
“Da correntisti di BCC –sottolinea Ripandelli– ci teniamo prima di tutto a ringraziare la banca di Staranzano e Villesse per l’appoggio ed il contributo dato, anche sotto forma di borsa di studio per un dottorato di ricerca presso l’Università di Trieste. Ma accanto al sostegno economico credo che la nostra attività abbia sempre più bisogno di un sostegno comunicativo e questa nostra chiacchierata rappresenta un concreto aiuto in questo senso, perché informare e raggiungere il maggior numero possibile di utenti rappresenta un passaggio fondamentale per la nostra attività”.