I limiti dell’infinito. Pino Furlan 1920-1987

Pino Furlan è stato uno degli artisti più significativi del Monfalconese nel corso del Novecento.

08 Giugno 2022 di Marina Dorsi
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Giuseppe Furlan, per tutti Pino, è stato sicuramente uno degli artisti più significativi del Monfalconese nel corso del Novecento. Nato nel 1920 a Ronchi, allora provincia di Trieste, da una famiglia di tradizione e mentalità artigiana-rurale, scrisse di se stesso: crebbi selvatico, definendo perfettamente la radice del suo carattere introverso, schivo, sensibile, con una passione profonda per la pittura che non fu mai fine a se stessa ma fu messa a disposizione della Società nei momenti di crisi locali, nazionali ed internazionali, perché era convinto che il mondo avrebbe potuto cambiare se tutti avessero dato una mano.
La vena pittorica dell’artista fu caratterizzata da una innata sensibilità per il colore e la luce che dominò tutta la sua produzione, filtrata dalla conoscenza della pittura triestina di fine Ottocento ed inizio Novecento. A cent’anni dalla nascita la retrospettiva nella città natale “Pino Furlan. Verificare i limiti dell’infinito 1920-1987”, ed il catalogo, realizzato con il contributo di BCC Staranzano e Villesse, ci permettono ora di riscoprire il valore di un uomo che visse pienamente ed intensamente gli eventi del Secolo breve trasponendo, attraverso il colore ed il tratto, il proprio sentire sulla tela.

Un’importante retrospettiva a lui dedicata e il catalogo realizzato con il contributo di BCC Staranzano e Villesse.

Il curatore Luca Geroni evidenzia come, dopo gli esordi giovanili e gli studi presso il pittore Walter Falzari a Trieste, negli anni Cinquanta l’interpretazione dell’esperienza neorealista da parte del Furlan tramandi una volontà di raffigurazione di momenti della vita quotidiana colti in un’atmosfera particolare e metafisica scevra dalla lettura politica di altri pittori coevi. Nel corso del successivo decennio la visione personale della realtà, ispirata anche dall’ambiente del Cantiere navale in cui lavorò, lo portò ad una progressiva astrazione delle forme e ad una particolare esasperazione del tonalismo cromatico. Affrontò in maniera diversa soggetti di cui non aveva mai abbandonato lo studio, come ad esempio le facciate delle chiese di cui analizzò nel profondo struttura ed essenza. Dalla seconda metà degli anni Settanta Furlan pose sempre più maggiore attenzione al colore raggiungendo, con i Monocromi, un suo particolare lirismo cromatico che tradisce un’affinità elettiva con la produzione del grande artista americano Mark Rothko.

Testimonia Furlan: “Colorirò spessori e accessori vicini o a contatto… Questa pittura-non pittura è pittura in senso assoluto dove si libera colore e materia che non parla ma pensa ed è con chi si esprime”.

La divisione del Mondo, 1969 – Livio Comisso, Collezione privata

Colomba, 1975-1976 ca. – Collezione BCC Staranzano e Villesse 


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